Giovanna Jervolino, alias GioJe, è un’orafa peschiciana che parla del Gargano attraverso la sua “preziosa” arte.
Tra le sue Gioje ricordiamo :
- LA DIOMEDEA
- IL PROFETA ELIA PATRONO DI PESCHICI
- LA TORRE DEL PONTE DI PESCHICI
- SAN MICHELE ARCANGELO DI MONTE SANT’ANGELO
- IL CRUSTOLO E U CANESTRÏLL
- LA MADONNA DI KALENA.
Le ultime creazioni invece puntano direttamente al cuore raccontando l’Amore!
Un ciondolo in argento raffigura San Valentino, Patrono di Vico del Gargano, Santo degli innamorati, incorniciato da un cuore e un’arancia smaltata.
Il Cuore di Peschici, un monolite che si trova sulla splendida marina di Peschici, sarà finalmente indossato da chi ama questo paese dai mille tramonti.
Per Vieste un gioiello che narra la struggente storia d’amore tra Cristalda e Pizzomunno, ispirato al racconto di Giuseppe D’Addetta !
Una triade magica che illuminerà il Gargano nell’incantevole periodo dedicato all’Amore! ❤
Una sintesi della leggenda di Cristalda e Pizzomunno di “Giuseppe D’Addetta “ interpretata magistralmente dal giojello di Giovanna Jervolino, realizzato in oro, cammeo sardonico, perle naturali, corallo rosato e pietra di luna.
“In una di quelle capanne, viveva la più bella fanciulla di tutto il Gargano.
Dicono che si chiamasse Vesta.
Vicino alla riva, abitava Pizzimunno, un pescatore dalle membra perfette e vigorose e quando l’acqua era trasparente, Pizzimunno scorgeva sul fondo visi bellissimi di donne, mentre canti maliosi cominciavano a serpeggiare nell’aria e dal mare uscivano a mezzo busto bellissime ragazze bionde e brune che sorridevano al pescatore tutt’intorno alla sua barca.
Sarebbe stato il loro signore, le avrebbe prese tutte o soltanto quelle che desiderava e quando le volesse.
Ma Pizzimunno amava Vesta ed alle sirene rispondeva che la sua amante era sempre la più bella e nessuna di loro reggeva al suo confronto.
“Siatemi sorelle nella sconfinata solitudine marina ma amanti no perché solo Vesta io amo.”
Le sirene allora si consultarono, non potevano sopportare che un misero e mortale pescatore ridesse di loro e dal consiglio di tanta gelosia, venne fuori una sentenza terribilmente crudele che nell’eternità avrebbe fatto soffrire i due amanti.
Con gli occhi fissi sul mare , non si accorsero che delle sirene erano alle spalle di Vesta.
Ad un tratto la fanciulla fu stretta da catene ed uno strappo forte la fece cadere in acqua mentre il giovane, come pietrificato, guardava il gorgo che brevemente ribollì sulla testa dell’amata.
Si tuffò quasi a raggiungere il fondo nella speranza di raggiungere Vesta, ma poi si sentì sfinito ed ogni movimento gli fu impossibile.
L’alba che seguì vide sulla riva quella roccia alta e bianca che sembra un fantasma.
Vesta fu trascinata lontano, negli abissi marini, e i suoi occhi lucenti di pianto, videro un regno fiabesco. Vesta sentì che i piedi le diventavano di ghiaccio e il ghiaccio salì pian piano su fino al capo; ed al posto di quella fanciulla bella come il sole, la più bella che mai abbia visto il Promontorio, si formò una stele di corallo rosa intorno alla quale le sirene sarabandarono.
Nessuno sa con precisione dove sia il regno fiabesco delle sirene negli abissi del mare. Tutti però dicono che si trova fra le Tremiti e la costa garganica.
La stele di corallo rosa in cui Vesta è trasformata, dal suo apice goccia sempre lacrime mentre una catena di cento maglie la tiene assicurata ad una grande colonna che sorregge la volta.
Le lacrime cadono come perle fosforescenti sull’acqua azzurra che circonda la stele rosa e si ammucchiano alla sua base cerne a formare il piedistallo , ma se una sirena le tocca, si liquefanno e tornano stille di acqua nell’acqua.
Ed anche la stele di corallo ridiventa Vesta e il faraglione ridiventa Pizzimunno se una sirena li accarezza. E non vi è pianto più accorato di quello dei due amanti quando riprendono spoglie umane.
Da questo pianto le perfide sirene sono state impietosite ed hanno deciso di far rivedere gli amanti ogni cento anni, su quello stesso scoglio dove vissero l’ultima notte d’amore.
Ma è pietà la loro o una più grande perfidia se l’attesa di un secolo non è che un tormento senza fine per le anime di quei corpi irrigiditi?
Così ogni cento anni Vesta e Pizzimunno si ritrovano sullo scoglio piatto che chiude la rada ed è folle la loro gioia in quella notte che trascorrono insieme.
Ma nessuno riesce a fuggire verso la terra dove le sirene non potrebbero raggiungerli. La catena dalle cento maglie si tende e il mare inghiotte di nuovo Vesta mentre Pizzimunno guarda ancora come inebetito il gorgo che ribolle.
Poi comincia a nuotare seguendo il canto delle sirene e si rinnova l’incanto sulla riva che ci è vicina; lì si riforma il faraglione, gigantesco fantasma di pietra bianca.”
del Cav. Francesco Pio Martella