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L’Angolo dell’Avvocato: assunzione a carico degli Enti Locali degli oneri di difesa dei dipendenti nel caso di assenza di conflitto di interessi

L’art. 59 del C.C.N.L. Regioni-Enti Locali 2019-2021 del 16.11.2022 (che, rispetto al precedente art. 28 del C.C.N.L. del 14.09.2000, espressamente sostituito dalla nuova disposizione contrattuale, ha esteso il patrocinio legale anche ai procedimenti concernenti la responsabilità contabile) afferma, al 1° comma, che l’Ente Locale, anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilità civile, contabile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio, assume a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa, ivi inclusi quelli relativi alle fasi preliminari e ai consulenti tecnici, per tutti i gradi di giudizio, facendo assistere il dipendente da un legale, con l’eventuale ausilio di un consulente. È necessaria una valutazione ex ante da parte dell’Amministrazione, che dev’essere messa in condizione di verificare la sussistenza o meno del conflitto di interessi con il dipendente. Ove venga escluso detto conflitto, l’Amministrazione dovrà indicare il difensore, sul cui nominativo dovrà essere espresso il gradimento da parte del dipendente. L’Ente, dunque, assume a proprio carico ogni onere di difesa del dipendente, facendolo assistere da legale di comune gradimento, ma solamente se è assente un conflitto d’interessi. Nel caso di sussistenza di un conflitto di interessi, invece, non vi può essere l’assunzione della difesa a carico dell’Ente (il classico caso di conflitto di interessi è rappresentato dall’Ente che si costituisce parte civile nel processo penale). La Corte di cassazione, Sezione Lavoro, con ordinanza 5.11.2021, n. 32258, infatti, ha affermato che l’obbligo dell’Amministrazione locale ha ad oggetto non già il rimborso al dipendente dell’onorario corrisposto ad un difensore di sua fiducia, ma l’assunzione diretta degli oneri di difesa fin dall’inizio del procedimento, con la nomina di un difensore di comune gradimento (sempre che non sussista conflitto di interessi).

 Capita spesso che il dipendente comunichi all’Amministrazione di appartenenza l’apertura di un procedimento a suo carico e nomini, di sua iniziativa, un legale di fiducia. Il gradimento del legale incaricato dal dipendente sovente manca di una decisione formale da parte dell’Amministrazione. Accade, quindi, in pratica, che è il dipendente a farsi carico del pagamento del compenso professionale dell’avvocato incaricato, con una successiva richiesta di rimborso dopo la chiusura del procedimento. La detta prassi, nel caso di assenza di conflitto di interessi, è sbagliata, in quanto, mancando il suddetto conflitto, il legale dovrebbe ricevere il “gradimento” sia dell’Amministrazione che del dipendente. Solo in tal caso l’Ente assume a proprio carico ogni onere di difesa. In assenza di gradimento comune, dovrebbe essere il dipendente a sobbarcarsi il pagamento del compenso professionale dell’avvocato da lui scelto.

Il rimborso, ex post, delle spese legali. Il comma 2 dell’art. 59 del C.C.N.L. 2019-2021, sopra menzionato, nel caso di sentenza definitiva di assoluzione o di archiviazione per infondatezza della notizia di reato o perché il fatto non è previsto dalla legge come reato (e, quindi, anche in caso di assenza di responsabilità erariale), dispone che il rimborso delle spese legali, nei casi previsti dal comma 1, non può essere inferiore ai parametri minimi forensi. Ciò anche nel caso di mancata applicazione del comma 1 del citato art. 59 per presunto conflitto di interessi, anche solo potenziale (in tal caso è il dipendente a nominare il legale, non potendoci essere comune gradimento, visto il conflitto di interessi). La conclusione favorevole del procedimento dimostra l’insussistenza dell’eventuale conflitto di interessi eventualmente rilevato ab initio.

 L’art. 59, comma 4, del C.C.N.L. 2019-2021 dispone che, in caso di sentenza di condanna esecutiva per fatti commessi con dolo o colpa grave, l’Ente ripeterà dal dipendente tutti gli oneri sostenuti per la sua difesa in ogni stato e grado del giudizio. La condanna, infatti, dimostra le responsabilità del dipendente, che deve sopportare il costo delle spese legali. 5. La disapplicazione di disposizioni che prevedono importi minimi. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sentenza del 25.01.24 (causa C-438/22, Lussemburgo), ha stabilito che la fissazione di importi minimi inderogabili, decisa da un Consiglio Nazionale Forense, con regole rese obbligatorie nel diritto interno, è una violazione delle norme UE sulla libera concorrenza, che il Giudice nazionale è tenuto a disapplicare direttamente, precisando che l’importo del compenso professionale dev’essere tale da garantire un’assistenza legale di alta qualità. 6. I casi di rimborso delle spese legali in misura inferiore ai parametri forensi minimi. In Italia si assiste a deplorevoli casi di rimborsi di spese legali sostenute dai dipendenti degli Enti Locali (ed anche da amministratori) in misura addirittura inferiore rispetto ai parametri forensi minimi.

Avv. Giuseppe Falcone

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