SAN GIOVANNI ROTONDO (Fg) – La collaborazione ospedaliera interdisciplinare è spesso fondamentale nel raggiungimento di risultati tempestivi e positivi. È quanto è successo lo scorso agosto in Casa Sollievo della Sofferenza quando Enza, incinta alla 33esima settimana, si è recata in ospedale con sintomi legati alla Sindrome di Moskowitz, una malattia del sangue inevitabilmente mortale se non trattata con cure immediate e trasfusioni.
«Era il 2016 e avevo 29 anni quando ho saputo di essere affetta da questa malattia – ha raccontato Enza – inizialmente non avevo capito la gravità della situazione, quindi mi affidai totalmente ai dottori. Poi una volta “fuori pericolo” mi resi conto di quanto ero stata fortunata».
La sindrome di Moskowitz è una malattia rara di origine autoimmune. La patologia comporta un calo drammatico e imprevedibile delle piastrine e la formazione di micro-trombi che ostacolano il flusso dei globuli rossi provocandone la distruzione. I micro-trombi possono colpire il sistema nervoso centrale, il cuore, i reni, danneggiandoli gravemente. È scatenata da una serie di fattori come interventi chirurgici, neoplasie, lupus eritematoso sistemico, trapianto di cellule staminali, ma anche da una gravidanza: «quando ho scoperto di essere incinta – ha confessato Enza – sapevo che il rischio di recidiva sarebbe stato altissimo, ma eravamo felicissimi dell’arrivo di questo bambino».
I monitoraggi costanti fin dalle primissime settimane le hanno permesso di vivere la sua attesa con serenità. Poi, il 16 agosto, quando Enza era nell’ottavo mese di gravidanza, sul suo corpo si sono manifestate alcune macchie di colore rosso-violaceo: i primi segnali di una nuova recidiva.
Una volta in Pronto Soccorso, è stata allertata l’unità di Ematologia che ha accertato la nuova ricaduta e in breve tempo il Servizio di Medicina Trasfusionale ha preparato per Enza una plasmaferesi terapeutica (plasma exchange), la prima procedura salvavita alla quale vengono sottoposti i pazienti Moskowitz, che permette di allontanare il plasma ricco di anticorpi e sostituirlo con plasma di donatori sani. Ricoverata in serata nel Reparto di Ginecologia e Ostetricia, è stata trattata nei giorni successivi con terapia cortisonica e plasmafereresi.
«Fino al giorno del parto – ha spiegato Giuseppe Fania, medico responsabile del Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale – evitammo la terapia farmacologica immunosoppressiva perché non idonea per una donna gravida ed effettuammo solamente plasma exchange presso il Punto Nascita del nostro ospedale, mentre Enza veniva costantemente monitorata da ostetriche e ginecologi».
Il 24 agosto le analisi del sangue hanno mostrato nuovi segni di peggioramento quindi, considerata la buona maturità fetale, si è deciso di far nascere il bambino. «Il giorno in cui mi comunicarono che mio figlio sarebbe dovuto nascere con taglio cesareo – ha affermato Enza – fu il più difficile da affrontare. Ero molto spaventata anche se mi avevano tranquillizzata che il bambino stava bene. E così il suo corpicino di appena 2,370 kg ha visto la luce il 25 agosto. Abbiamo deciso di chiamarlo Nathan, che significa “dono”, perché lui per noi è stato il più bel dono ricevuto da sempre».
Mentre il piccolo Nathan veniva coccolato da medici e infermieri nel Reparto di Neonatologia, Enza seguiva il suo trattamento plasmaferetico e il primo settembre è finalmente tornata a casa con il suo bambino tra le braccia.
Nei giorni successivi sono continuati i controlli e le terapie, fino allo scorso 24 settembre quando si è sottoposta alla sua ultima plasmaferesi affiancata questa volta da terapia immunodepressiva. «Per il suo recupero sono servite oltre 200 sacche di plasma, ma ora Enza sta bene ed è in remissione completa – ha concluso Fania – e come negli scorsi anni sarà seguita dal Centro di Emostasi e Trombosi di Casa Sollievo della Sofferenza. Lei e il suo bambino ce l’hanno fatta anche grazie alle donazioni di sangue di volontari che non hanno mai fatto mancare il loro sostegno al nostro Ospedale, anche nel pieno del mese di agosto».
«Non smetterò mai di ringraziare tutti i dottori, gli infermieri e gli OSS dell’Ematologia, della Medicina Trasfusionale e del Centro di Emostasi e Trombosi che da anni mi seguono in questo percorso di malattia – ha concluso Enza -. Ma un grazie particolare questa volta va anche al Reparto di Ostetricia e Ginecologia, al Punto Nascita, al Reparto di Neonatologia che mi sono stati accanto in questo momento così delicato. Avete salvato la mia vita e quella del mio bambino: per noi sarete sempre la nostra grande famiglia».
Nell’ottobre 2022 l’Associazione Nazionale Porpora Trombotica Trombocitopenica – Sindrome di Moschowitz ha riconosciuto Casa Sollievo tra i principali centri per la diagnosi e il monitoraggio della malattia ma anche per la partecipazione attiva a iniziative che ne aumentano la consapevolezza.
fonte testo ed immagini: https://operapadrepio.it/it/notizie-e-comunicati/avete-salvato-la-mia-vita-e-quella-di-mio-figlio-la-storia-di-enza-e-del-piccolo-nathan