Ne abbiamo parlato con Luigi Russo, ambientalista, naturalista ed esperto nella gestione della fauna e nella progettazione e realizzazione di sistemi informativi territoriali.
Russo ha lavorato come ricercatore sull’orso bruno marsicano nel Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise e il Parco Sirente Velino, è stato consulente presso il Ministero dell’Ambiente, dirigente della Regione Lazio e ha diretto diverse aree naturali protette in Abruzzo e Lazio. Attualmente si occupa di tematiche ambientale ed è presidente dell’Associazione Culturale Pervinca – Comunità Laudato Si’ Gargano Nord.
D.: Oggi sui giornali si legge “JJ4 è innocente! È stato un altro orso”. Ma gli orsi non vengono scagionati, è sempre un orso il responsabile, il problema resta. Cosa è cambiato?
Effettivamente poco. Si continua ad alimentare un dibattito mal posto. Mi viene da dire che si fa soltanto confusione. Una cosa però è certa questa notizia evidenzia che il problema fino adesso non è stato affrontato correttamente, si continuano a prendere decisioni basandole su pareri di persone (i politici) non competenti in materia, si continua a dare risposte contraddittorie alimentando paure e incertezza nella popolazione.
Ancora di più adesso è necessario fare chiarezza e definire correttamente i termini del problema. Innanzitutto, bisogna chiedersi se un animale può essere considerato responsabile delle azioni che compie. La risposta è no.
Facciamo degli esempi. Se un cane aggredisce una persona, pur essendo l’autore dell’atto, non ne è il responsabile che, invece, resta il padrone (tenuto a risarcire i danni causati dall’animale). È noto a tutti che, in caso di investimento con l’auto di un cinghiale, il proprietario dell’auto ha diritto al risarcimento dei danni. Analogamente, considerando che la Legge 192 del 1997 sancisce che “la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato” e che i danni da fauna selvatica devono essere indennizzati dall’ente preposto (la Provincia), nel caso di un incidente con un orso la “responsabilità” è dell’ente pubblico su cui ricade l’onere della gestione della fauna selvatica. Infatti, si legge nel sito della Provincia di Trento che l’Ufficio Faunistico tra le diverse funzioni: “provvede alla gestione e alla tutela della fauna selvatica, compresi i grandi carnivori”. Dal punto di vista etologico va detto che gli animali si comportano seguendo il loro istinto. Il loro comportamento è prevedibile ed è sempre uguale in determinate condizioni.
D.: Ma allora, se gli orsi rappresentano comunque un pericolo potenziale, l’errore è stato reintrodurli in Trentino?
Perché continuiamo ad avere nelle nostre case cani come i rottweiler, i mastini, i pitbull, ecc. per poi leggere regolarmente sui giornali di persone, bambini sbranati? Perché sono stati immessi a centinaia i cinghiali sui nostri territori sapendo che distruggono i raccolti e provocano incidenti?
Allargando la casistica. Perché si producono auto che possono raggiungere e superare i 200 km/h e perché non si adottano sistemi che obbligano a non usare i cellulari in auto nonostante migliaia di morti sulle strade?
Queste domande, anche se lecite, sono mal poste. Mi spiego.
Quasi ogni nostra azione comporta un potenziale rischio che va affrontato con comportamenti e scelte adeguati e, soprattutto, rispettando le leggi. Per gli incidenti automobilistici ci sono i limiti di velocità ed è vietato l’uso del cellulare, forse potrebbe essere utile inserire nelle auto sistemi elettronici capaci di limitare la velocità e bloccare i cellulari, ma, di contro, basterebbe rispettare le leggi.
Per l’orso bisogna adottare criteri di gestione corretti e mantenerli nel tempo.
Va detto che l’orso in quei territori è sempre esistito. É stato reintrodotto perché si tratta di una specie protetta in tutti i paesi dell’Unione Europea e in moltissimi altri paesi del mondo. Dopo essere stato sterminato in molte zone del continente europeo a causa dell’attività umana, si è ritenuto necessario adottare misure di tutela e di ripopolamento delle aree in cui la specie era scomparsa. La reintroduzione dell’orso bruno nel Trentino è stata quindi promossa per ristabilire un equilibrio ecologico e per favorire la conservazione della specie a livello nazionale e internazionale. Il progetto di reintroduzione è stato preceduto da una pianificazione attenta, un’ampia consultazione con la popolazione locale e una valutazione scientifica da parte degli enti competenti.
È importante sottolineare che il progetto di reintroduzione è stato molto ben ponderato e si basa sulle leggi europee e italiane. È stato sottoposto a valutazione da parte di ISPRA, del ministero dell’Ambiente e delle strutture europee che valutano i progetti Life. È stato anche condiviso con ben altre 4 province (Bolzano, Verona, Brescia e Sondrio) e ha previsto una campagna di informazione che è durata diversi anni. Sono stati adottati sistemi innovativi di informazione dei cittadini come l’informazione continua online della posizione di orse con piccoli.
D.: Quindi? Non possono essere evitati incidenti così gravi? Il presidente Fugatti ha affermato che 120 orsi sono troppi.
La Provincia è sempre stata parte attiva nel progetto Life Ursus, non si comprende il senso della dichiarazione. Gli orsi sono in eccesso? Come è possibile visto che non sono in un’area chiusa? Le galline in un pollaio possono essere in eccesso. Gli orsi, o qualsiasi animale selvatico no. O meglio, se l’uomo con le sue attività altera la nicchia ecologica di quella specie e/o influenza il suo comportamento, allora è possibile. In condizioni naturali, una popolazione animale se aumenta di
numero naturalmente espande il proprio areale (il territorio dove vive) colonizzando altre zone. La densità di orsi presenti nella zona è stata stimata regolarmente fin dai primi anni. Il progetto Life Ursus interessa, come visto, ben 5 provincie e, già nel 2014, un’area di oltre 14.000 km2 che, considerando
come valore medio una densità di 1 un orso per 50 km2, potrebbe ospitare oltre 280 esemplari. D’altronde in Slovenia, in un territorio grande quanto il Trentino, vive in armonia con l’uomo una popolazione di orsi di più di 500 esemplari. In Abruzzo l’orso esiste da sempre. Quindi la convivenza è possibile.
Va fatto un monitoraggio continuo e vanno adottate misure adeguate a seconda delle situazioni. Forse qualcosa non ha funzionato. Il sistema di informazione online non era aggiornato. I radiocollari non funzionavano. Gli orsi radiocollarati sono pochissimi. Già nel 2014 gli orsi erano 50 con un trend di
crescita annuo della popolazione del 14%. Era più che prevedibile che oggi si sarebbero superati i 100 esemplari. Si legge che le risorse economiche sono insufficienti. Sono stati richiesti nuovi fondi? Se il monitoraggio con i radiocollari non è possibile, perché non si attuano altre metodiche? Se la popolazione di orsi tende ad avvicinarsi ai centri abitati perché non si attuano sistemi di dissuasione? Perché non sono state attuate strategie per attirare gli orsi in altre zone come le coltivazioni a perdere di piante appetite dall’orso?
Perché non è stato attuato il progetto che prevedeva la sterilizzazione?
Possiamo concludere che non bisogna parlare di orsi assassini, ma di cattiva gestione di un bellissimo progetto di conservazione della natura.
di Michele Lauriola – FuoriPorta