Ischitella, 05 novembre 2022 – Hanno nomi che ricordano quelli dei romanzi epici fantasy, sono luoghi segnati su antiche mappe e collegati da sentieri secolari ormai intrappolati nella vegetazione. Molti di questi punti sono scomparsi, dimenticati o sostituiti da altri toponimi.
Consultando la “Pianta corografica della Tenuta boscosa denominata Niuzi in tenimento di Ischitella” redatta il 31 gennaio 1836 dall’ispettore e architetto forestale Lorenzo Avellino, con le indicazioni delle contrade, delle classi del terreno e delle relative partizioni, si notano diverse zone, edifici e tratturi riportati con nomi abbastanza interessanti e particolari.
Incuriositi, l’occhio è caduto subito su una zona il cui nome potrebbe essere benissimo incluso ne “La storia infinita” o in “Fantaghirò”. Si chiama “L’Elce con pietra incarnata”, a meno di un chilometro dalla Folicara, lungo il Vallone Grande. Probabilmente il toponimo fa riferimento ad un leccio con una pietra penetrata nel suo legno.
Abbiamo deciso di avventurarci di persona sul posto, e tentare di individuare, se fosse ancora presente, questo particolare leccio. Grazie alla guida esperta di Michele Disanti, dopo aver passato la Folicara, seguendo l’antico tratturo che sale lungo il Vallone Grande, siamo giunti alla zona interessata. Perlustrando la vegetazione, tra faggi e carpini, emerge e si fa notare un grosso leccio ben saldo al terreno scosceso. A detta di Disanti, sul quel costone della collina è l’unico di quelle proporzioni. Accreditando che fosse davvero questo il famoso Elce, della pietra incarnata non è rimasta comunque traccia. Forse è stata assorbita dall’albero nel corso dei quasi due secoli? Oppure si è staccata e rotolata nel vallone? Può essere stata denominata “pietra incarnata” per il suo colore? Il mistero resta, ma senza dubbio è stato affascinante addentrarsi in questi territori poco colonizzati dal fragore umano, e che, in un certo modo, fanno credere di far parte di un piccolo ma grande regno dove c’è molto da scoprire.