VCO DEL GARGANO (Fg) – C’è un legame profondo tra teatro e comunità vichese e garganica, risale dagli anni 20 (per quel poco di carte trovate) si è configurato come un’arte a disposizione della collettività, offrendo occasioni, non solo di divertimento, di espressione di opinioni sulla realtà e di diagnosi sul modo di vivere la comunità. Per coloro che hanno vissuto da vicino esperienze teatrali sanno bene che In alcuni momenti della storia paesana le performance teatrali, oltre al ridere, hanno preso anche posizioni di dissenso e di denuncia, oppure di sostegno e di propaganda fin ad arrivare a forme di vera e propria identità culturale, legami sociali, forme della convivenza, come accade entro le piccole, micro realtà territoriali. Realtà fragili, in declino, organizzati intorno ai nuclei familiari, ai rapporti amicali, ai gruppi: lavoro, scuola, parrocchia, fin ad arrivare ai singoli individui e alle loro relazioni personali. In queste comunità il rapporto sociale resiste, Il che aumenta il senso di vivere, ma anche quello di insicurezza e di solitudine.
Il Teatro popolare parla proprio di drammaturgia comunitaria, l’alveo entro cui collettivamente si realizza la messa in scena di vissuti reali, sottraendosi al peso dei testi scritti, della divisione rigida e netta dei ruoli, della professionalizzazione del fatto teatrale. Nel teatro popolare prendono forma e sostanza modelli inediti di partecipazione e di autodeterminazione, fino all’insofferenza per le istituzioni rigide e codificate dei corsi teatrali conosciuti (Stanislavskij ed altri). Si tratta, in buona sostanza, di forme di teatralità popolare, festiva, rituale e amatoriale, considerate a torto, come pratiche minori e di basso profilo artistico e culturale, poco studiate e poco conosciute, se non a livello locale. Un modello di Teatro, sempre ben guidato, dove prende corpo una teatralità capace di rispondere alla domanda di partecipazione e di autodeterminazione, forme aperte a soggetti diversi per età, sesso, cultura, professione, condizione sociale, posizione politica, religione. Queste forme sono legate da un forte spirito spontaneo e inclusivo.
Costruire uno spettacolo popolare che comunichi con una comunità vuol dire tornare a immaginare sé stessi come parte attiva di essa. La prima e la seconda edizione del festival, avviata da Giuseppe Aguiari con la sua compagnia “Ncvò Cappà Nsciaun” e gli altri gruppi coinvolti, sono servite per avviare una sperimentazione ed una valutazione pratica del Teatro popolare. La terza edizione allarga l’orizzonte verso forme di processi di comunicazione-educazione, sostegno al territorio. Una missione possibile che potrebbe diventare una tessera di quel vasto mosaico che si chiama politica culturale locale. Il Festival presenta nove appuntamenti, parte l’11 gennaio e si conclude il 3 marzo 2025.